2018 NOMADELFIA L'ISOLA CHE C'E' © Massimo Gorreri
Tutti i beni sono in comune, tutto viene condiviso, non esiste proprietà privata e non circola denaro. Vicino a Grosseto un popolo di cattolici vive proponendo (e realizzando) l’utopia di una comunità indipendente e autosufficiente in cui tutto, dal lavoro all’educazione, si svolge internamente.
Dal greco nomos (legge dell’uomo) e adelphia (fraternità), Nomadelfia è il luogo “dove la fraternità è legge”.
Fondata nel 1947 da don Zeno Saltini, la comunità ultracattolica propone un modello sociale alternativo a quello classico, basato sì sulla religione cristiano-cattolica, ma anche su regole di convivenza profondamente diverse da quelle della società esterna.
I nomadelfi, riconosciuti dalla chiesa come una parrocchia e dallo stato italiano come un’ associazione privata e una cooperativa, marciano controcorrente vivendo ispirandosi ai valori degli Atti degli Apostoli e resistendo nella proposta di un modello ideale di civiltà fondata sulla comunione dei beni, sull’uguaglianza e sugli insegnamenti del Vangelo. Non esiste denaro né proprietà privata e la totalità delle risorse appartiene alla collettività. L’economia si basa su cooperative agricole, gestite fraternamente e in cui ognuno è corresponsabile: non esiste sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dato che non ci sono padroni né dipendenti e nessuno viene pagato. Ugualmente i prodotti vengono distribuiti gratuitamente ed equamente alle famiglie. Si vive di quanto è essenziale, soprattutto bandendo ogni forma di consumismo. La vita comunitaria richiede disponibilità a vivere con tutti, per questo i nomadelfi, che ad oggi sono circa 300 tra famiglie, laici non sposati e “mamme di vocazione”, sono organizzati in gruppi familiari, di circa 20/30 persone, che vengono sciolti e ricomposti ogni tre anni. Ogni gruppo condivide una casa comune con spazi per pranzi e attività e alcuni alloggi nelle vicinanze dove le famiglie vanno a dormire. Tutti inoltre devono essere disponibili ad accogliere figli in affido, che vengono assegnati dai servizi sociali. Vivere a Nomadelfia è una scelta del tutto volontaria, non vi è alcuni tipo di coercizione. Chi vi aderisce lo fa per la vita, ma può andarsene in qualsiasi momento e spesso chi non vuole restare viene aiutato ad inserirsi nella società. Nonostante la vita si svolga in modo molto separato dal resto del mondo, Nomadelfia non si è arroccata in un isolamento distaccato da quanto accade fuori dalla comunità: l’interesse per il mondo e per il bene comune è molto forte (lo dimostra per esempio l’importanza data alle votazioni politiche, per le quali si discute collettivamente al fine di trovare una linea condivisa e sostenuta da tutti). Per quanto l’uso dei mezzi di comunicazione sia limitato e l’informazione venga filtrata e gestita da una commissione apposita, che ha lo scopo non tanto di censurare ma di difendere da quello che è ritenuto un eccesso di violenza e di consumismo diseducativi, i nomadelfi non hanno come obiettivo quello di chiudersi al modo esterno quanto piuttosto quello di diffondere il più possibile i loro valori, al di là dei confini della loro comunità.
Nomadelfia, nelle sue intenzioni, esiste per portare un segno concreto e tangibile a testimonianza del fatto che vivere insieme in pace come fratelli e sorelle è possibile.